Vortrag von Bischof Sigalini auf Italienisch

Für alle die der ital. Sprache mächtig sind, der Vortrag im Original:

+ Domenico Sigalini

La fede cristiana ha ancora qualcosa da dire al giovane di oggi, immerso in una società supertecnologizzata, veloce, capace di dare risposte  con quattro battute su una tastiera o con qualche click di un mouse? Che senso ha cercare nel passato se quello che conta è soprattutto il presente e forse il futuro se qualcuno non te lo ruba ancor prima che appaia?

Che cosa può dire la figura di Gesù a un giovane di oggi o una compagnia di persone che credono in Lui  in modo spesso stanco e senza entusiasmo? Che cosa c’è di nuovo che non possiamo costruirci noi?

Siamo liberi e vogliamo goderci questa libertà. Crescere per voi vuol dire scegliere chi volete essere, cosa volete fare, come volete vivere. La scoperta e la costruzione di sé è al centro di un processo che voi giovani rivendicate di fare in piena autonomia. Se c’è qualcosa di sacro oggi è la libertà di fare le proprie scelte, di scegliere il proprio modo di vivere. Questa libertà che rivendicate è vera o è un mito? Vi porta gioia o alla fine vi porta solo la sofferenza di non riuscire a tenere assieme i pezzi della vostra vita: i sentimenti, il lavoro, lo studio, gli affetti, le relazioni, la coscienza, la famiglia, gli amici?

Ecco: una situazione simile se l’è trovata davanti il primo uomo, il famoso adam, quando Dio gli ha fatto passare davanti tutto il creato. Lo vedeva insoddisfatto, lo vedeva sgranare gli occhi davanti a tutte le bellezze che gli aveva creato; l’adam dava a ciascuna il nome che lui voleva, ma alla fine della rassegna era rimasto infelice. Questa creazione, questi cieli, queste piante, questi fiori, questi panorami, questi animali non mi bastano. Tutta questa tecnologia, questi miracoli del progresso, questa libertà di fare come voglio non mi riempiono il cuore. Il mio cuore ha sete ancora…

E Dio lo immerse in un’estasi. Noi traduciamo banalmente sonno, ma la parola ebraica tardemah significa un qualcosa che sta tra il coma e l’estasi; e al risveglio si trovano uomo e donna; mancava l’amore. E i due adam, ora ish e ishshah, maschio e femmina cantano il primo canto d’amore al creatore.

Ho una grande gioia nel cuore, ci scopriamo creati come regalo l’uno per l’altra, tu sei come me e io come te, ma siamo fatti diversamente, riconosco ed esulto per la nostra comune identità, dal momento che proveniamo dalla medesima radice. Nella nostra differenza destinata a farsi unità, liberamente scelta, io canto la  nostra vocazione a diventare immagine il più possibile simile al creatore, il Signore Iddio.

 

Papa Giovanni Paolo II quando nel lontanissimo 1984 inventò le Giornate Mondiali della Gioventù aveva davanti un mondo giovanile che faceva domande, come ve le fate voi oggi e sapeva che la risposta non stava nello sballo o nella droga o nel materialismo o nella libertà senza verità, ma in Gesù e sfidando tutti li convocò per due volte a Roma e poi ha iniziato a girare il globo.

Aveva una grande attenzione sempre per i giovani. Io, in quegli anni giravo l’Italia ad aiutare le parrocchie nell’educazione alla fede del mondo giovanile e mi accorgevo che a mano a mano che il papa visitava le diocesi d’Italia, cambiava l’atteggiamento del mondo giovanile nei confronti della fede, della chiesa, della vita. Si componevano assurde divisioni, si prendeva coraggio, si ricominciava a riunirsi senza paura nel nome di Cristo. Papa Giovanni Paolo II non visitava nessuna diocesi se non lo mettevano in contatto in un incontro apposito, solo per loro, con i giovani. Da qui, mentre i collaboratori che lo attorniavano, ancora non se ne accorgevano, essendo consapevole della grande sete di Dio dei giovani e la voglia di accostarsi alla sorgente, decise di sviluppare un progetto innovativo.

Le giornate mondiali della gioventù

Nacquero le Giornate Mondiali nel 1984-85. Come sempre furono inizi in sordina, ma già nel 1989 erano a livelli di grande partecipazione. Dal 1991 ho cominciato ad avere rapporti più diretti anch’io. Sono stato chiamato a Roma, proprio perché il papa aveva “imposto” una attenzione strutturale e non episodica da parte dei vescovi italiani, a tutto il mondo giovanile. Per i giovani aveva sempre un linguaggio diretto, non faceva nessun sconto per avere audience, anzi era molto esigente, sapeva dire la verità fino in fondo; non gli interessava né destra, né sinistra, aveva un grande amore soprattutto per la persona, l’uomo, la sua dignità, la forza della sua libertà, i suoi diritti e la sua disponibilità ad accogliere Dio nella sua vita.  Nel 1985 con una lettera memorabile scritta ai giovani in occasione dell’anno internazionale della gioventù voluto dall’ONU stese la magna charta di tutte le giornate mondiali successive. L’apoteosi fu quella del 2000 che ancora viene ricordata con gioia da tutti i giovani e da tutte le nazioni. Ero anch’io parte di quella organizzazione e potei vedere, anche a contatto diretto col papa, la sua tenerezza nell’accoglienza, la sua forza nel proporre mete alte, la sua gioia, la sua soddisfazione, la percezione di essere arrivato a un punto di non ritorno.

Vedeva giovani non contenti di quello che la società proponeva. Insoddisfatti, abbandonati, scaricati dopo le rivoluzioni del ’68, del ’77; oggi si direbbe indignati. Per questo chiedono giustizia. E’ la giustizia di un lavoro, ma anche la giustizia della verità, di non essere ingannati, la giustizia di avere ragioni vere di vita, la giustizia di tornare alla fonte della loro identità, di poter dare risposta alle domande di senso, che sono  molto più decisive e forti di quelle del cibo e del vestito, del divertimento e dello sballo. Le domande vere che si portano dentro sono sempre domande religiose.

 

Diceva papa Giovanni Paolo II, nella grande giornata mondiale della gioventù a Tor Vergata nel 2000: “In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. E‘ Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna. “

 

A Roma nel 2000, quando già era tutto predisposto per accogliere 2 milioni di giovani, ci chiama e ci dice che per la messa conclusiva ha cambiato il brano di vangelo. Avevamo preparato il brano del prologo di Giovanni in cui c’è la famosa frase “E il Verbo si è fatto carne”, che era il motto della Giornata Mondiale della Gioventù, lui invece ci ha proposto il brano in cui c’è quella dura domanda di Gesù agli apostoli, dopo il suo discorso sull’Eucaristia: “ Volete andarvene anche voi?”. Il papa non voleva cogliere trionfi o risultati o vani compiacimenti, ma solo fede in Gesù, disposto anche a rimanere solo di fronte a quei 2 milioni di giovani.

Queste sono state per me le giornate mondiali della gioventù: trovare una chiesa fresca, capace di esprimere verità e accoglienza, rispetto e investimento di energie, coraggio di una proposta vera, senza  indulgenze accalappiatorie

 

Il nuovo millennio

Il nuovo secolo che iniziava, anzi il nuovo millennio, gli riservò quella tremenda sorpresa che furono le stragi delle torri gemelle di New York. Ma non cedette. Nemmeno 15 giorno dopo, contro tutti i divieti di un mondo intero messo in stato di no fly zone  volò in Kazachistan, dove fece un dialogo con i giovani memorabile e tra i più belli.  A chi gli domandava: chi sono io per te papa Giovanni, rispondeva: Tu sei un pensiero di Dio, tu sei un palpito del cuore di Dio, tu sei irripetibile nella tua umanità… la certezza per ogni uomo e per ogni giovani di sentirsi di qualcuno, di sentirsi portato sul palmo delle mani di Dio era la prima risposta allo scoraggiamento di fronte al male che già deturpava il nuovo millennio.

 

I giovani chiedono giustizia

I giovani oggi, come sempre, non hanno bisogno  di gente che li confina in quella mediocrità innocua che spesso contraddistingue le proposte degli adulti. Hanno più paura della mediocrità che del sacrificio; solo che deve esserci qualcuno che li prende sul serio, che non fa sconti, che li aiuta ad alzare lo sguardo, che presenta ideali veri, persone veramente felici. La prima giustizia è la stima e la valorizzazione delle risorse che essi sono, l’apertura di credito per la vita. Molti adulti purtroppo li sfruttano, li ingannano, li usano ancora per battaglie ideologiche e di basso profilo politico, per tenere desta l’opinione pubblica sui propri interessi e le proprie mire di potere o di guadagno. Non si preoccupano della loro vita, ma di fare continuamente cassa su di loro.

 

E’ una forte domanda di giustizia anche la domanda di fede. Purtroppo ancora oggi tante nostre scuole allontanano i giovani da Dio, non sono luoghi di ricerca, ma di proposta ideologica. Non c’è la sana libertà di aiutarli a mettersi con coraggio davanti al grande mistero della vita, della verità,  della ricerca vera, del rispetto di tutte le idee, della fatica di costruirsi capacità di discernimento.

 

Molti giovani dicono senza peli sulla lingua che tante nostre comunità cristiane sono inaccostabili e inabitabili dal mondo giovanile. Una comunità cristiana oggi non può offrire ai giovani solo la celebrazione liturgica domenicale, che è sicuramente un punto di partenza o di arrivo assolutamente essenziale per la vita di ogni uomo, ma deve  anche necessariamente inventare ponti tra la strada e la chiesa, tra la vita quotidiana e le espressioni della vita credente; deve aprire spazi di ricerca, di dialogo, di confronto, di libertà, di accoglienza delle loro capacità espressive. I giovani hanno bisogno di spazi culturali, non solo e soprattutto di spazi sportivi o di divertimento. Hanno molte cose da esprimere, molte ricerche da fare, qualità da esibire, originalità da proporre, progetti per cui sognare assieme a tanti altri. Cercano luoghi dove poter stare senza essere sfruttati, senza dover riverire il principe, entro un dialogo con coetanei e adulti appassionati. Luoghi dove possono incontrare testimoni, fare tirocinio di responsabilità e di servizio, stazioni o crocevia di arrivo e partenze di respiro mondiale. Uno spazio di aggregazione  che non si apre a progetti di scambio almeno europei non ha più ragione di esistere. I giovani sono abitanti del mondo sia come lavoratori che come studenti. E’ un laboratorio per trovare lavoro, per mettersi assieme, per far diventare risorsa la comune ricerca. E’ il luogo dove progettare famiglia, per affrontare i problemi veri dei giovani; non è più l’isola felice dello svago e delle partite di calcio che pure devono esserci, non per dimenticare, ma per aggregare forze e solidarietà.

 

Se vogliamo che i nostri spazi ecclesiali tornino ad essere abitati dai giovani non possiamo non intercettare le loro speranze che spesso sono solo sofferenze, perché la libertà che è venduta su tutte le bancarelle della vita, provoca nei giovani ebbrezza, ma spesso troppa delusione e smacco.

 

La beatificazione di Papa Giovanni Paolo II ci ha rimesso davanti agli occhi la sua figura di grande educatore, di profondo conoscitore dei giovani, di dedizione assoluta alla loro crescita umana e spirituale, di testimone coraggioso e intrepido della bellezza di Gesù, il Salvatore, il compagno di strada di ogni vita giovanile.